Sunday, October 29, 2017

Alla ricerca di un'esistenza che non c'é.




Capitolo I

Dopo anni di grandi esplorazioni, studi appassionanti, continua ricerca in tutte le direzioni di nozioni, sensazioni ed emozioni, eccomi infine su un letto, come un relitto arenato sulla spiaggia, inebetito sotto il sole di mezzogiorno.

Non riesco a dare alcun senso alla mia esistenza. Sento che quello stesso fervore con cui un tempo riempivo la mia vita di emozioni e nozioni ora si affanni a svuotarmi; cosi che, alla fine, tutta la mia esistenza potrà essere ridotta a due date e, forse, una croce in un cimitero.

Mentre un tempo, quando ero nel fiore dei miei vent'anni, prodigavo energie per fare di me quel grande uomo che ritenevo di dover essere, seguendo quasi una missione salvifica e redentrice di tutte le mancanze che percepivo intorno a me, ora mi sento un sarcofago abbandonato. La mia apparenza superficialmente piacevole, sicuramente florida e probabilmente agiata - grazie alla tenacia e agli sforzi prodigati fin dagli anni del liceo - nasconde invece una realtà fin troppo amaramente comune e troppo spesso nascosta. Sollevato il pesante coperchio di pietra scolpita, eccomi ridotto ad un cumulo di polveri tenute insieme da stanche bende che trattengono la forma di quello che un tempo fu un uomo dall'avvenire promettente. La mia stessa identità si riduce ormai a quelle bende che, con sempre maggiore fatica, cercano di trasmettere a me stesso e al mondo il simulacro di quella che fu la mia immagine vivificata da quella luce interiore ormai sepolta, dimentiata; anzi, irrimediabilmente dispersa nelle onde di un oceano infinito in cui tutti naufraghiamo.

In questo naufragio tutte le mie energie si sono infine smarrite, proprio come un'onda che nella sua rapida corsa raccoglie le acque verso sempre maggiori altezze, affrontando gli ostacoli con sempre maggior forza, per poi, proprio all'apice della sua trionfante crescita, perdersi, assorbita in un misterioso e anonimo silenzio.

Uno schianto imprevedibile quello dell'onda sulla spiaggia e dal risultato strabiliante. Eppure, l'abitudine a tanti altri schianti di innumerevoli altre onde ci ha insensatamente abituati ad osservare tali trionfanti marce con disulluso compatimento, in attesa proprio di quello schianto e del silenzio che ne segue, fugace, come l'esistenza stessa di quell'onda che non esiste piu'.

Un tempo, con amarezza, mi ribellavo alla constatazione che per molti questo epilogo è quasi rassicurate: questo ennesimo fallimento, nella sua prevedibilità, conferma i molti nel loro immobilismo, confinandoli con compiaciuta pigrizia in un'esistenza mediocremente inanimata, o meglio, un'esistenza non pienamente umana. Nonostante cio', purtroppo, è inevitabile anche per me riconoscere che ciascuna onda perda la propria indentità in quello schianto e nulla resti a testimoniarne la corsa, il percorso, ed i trionfi. Neppure il silenzio trattiene nell'aria il suono dell'ultimo schianto per il tempo necessario alla memoria di formarsi e resistere all'oblio, testimoniando almeno gli ultimi drammatici istanti di quella corsa infine rovinosa.

Ecco infatti che un nuovo schianto sopraggiunge, di un'altra onda destinata anch'essa alla perdizione, anch'essa naufraga in quello stesso oceano da cui è sorta, sollecitata a raggiungere una spiaggia che ne assorbirà tutta l'esistenza per ridurla al silenzio del non ritorno e all'irrimediabile oblio che ne segue.

Ecco quindi che ai miei occhi, la drammaticità di questo epilogo si carica di un significato profondamente umano, piu' profondo dell'esistenza stessa di coloro che, immobili, non hanno mai sfidato l'immensità dell'oceano per scoprirne la vastità e con essa consumarsi in un roboante spumeggiare, scoprendone con audacia la fine inattesa eppure inevitabile.

Purtroppo, nonostante quanto ritenuto con profonda convinzione per lungo tempo, alla fine sono proprio io a perdermi e proprio nel momento in cui raggiungo nel pieno della mia forza dirompente i tanti obiettivi che mi hanno spinto ad una corsa trionfante, incitandomi a superare ostacoli enormi con brillante facilità, ben al di là di quanto atteso.

Anche per me, come per le onde, il raggiungimento della meta ha comportato lo svuotamento della mia stessa esistenza. Come l'onda assorbita dalla sabbia sulla battigia, eccomi inebetito in questo letto che assorbe il mio naufragio, liberandomi da me stesso.

Lo schianto di questa illuminante consapevolezza è avvenuto con la rapidità dell'istante e la durezza di un vento freddo e pungente, che mi ha sfibrato al suo passaggio e per sempre. Paradossalmente, nel momento in cui mi sono perso, ho anche realizatto tutta la mia esistenza, raggiungendo la battigia e con essa l'oblio di me stesso cui tutti sono predestinati.

Capitolo II

Cosa mi ha portato fino a questa realizzazione, all'apparenza frustrante, ma in fondo profondamente liberatoria?

E' effettivamente diffile raccogliere i frammenti che costituiscono il mio essere. La realizzazione dello stesso ne ha comportato la totale distruzione. La mia identità è ora costituita di frammenti irrimediabilmente dispersi in un oceano che raccoglie e raggruppa senza sosta i residui di esistenze naufragate e inconsapevoli.

Purtroppo pero' non ho dimenticato interamente la mia corsa, inseguendo il miraggio di un destino da compiere, che poi si è sviluppato in uno schianto sulla spiaggia che mi ha ammutolito.

Sono indebolito, smarrito, a pezzi: ma conservo la consapevolezza di appartenere a me stesso. Meglio sarebbe stato un oblio totale di me stesso, che avrebbe dovuto catturarmi con lo schianto in piena corsa sulla spiaggia, come è avvenuto per tutti i relitti che mi circondano inconsapevoli in questo oceano di esistenze naufragate.

Purtroppo, fallita la mia eroica esistenza da uomo, fallisco anche quella di relitto, non perdendo completamente la mia consapevolezza di me stesso.

Purtroppo l'oblio totale non sopraggiunge a cancellare integralmente le mie ferite e i miei effimeri trionfi. Ecco anzi che mi arrabatto disperatamente per raccogliere addirittura quanto piu' possibile di me stesso, inseguendo tra i flutti quei frammenti che riconosco appartenermi. Pur consapevole di non poter piu' reintegrarmi in quella esistenza ormai distrutta e, in fondo, pesantemente odiosa, non riesco, nella mia debolezza, a trovare un'alternativa che mi guidi a raggiungere un altro obiettivo, cosi' da reintegrarmi in una nuova esistenza.

Osservo i relitti intorno a me, che si lasciano portare da forze di cui non colgono né l'esistenza, né l'origine. Inconsapevoli fluttuano in attesa di essere accorpati secondo disegni imperscrutabili in nuove entità, che vivranno una vita non loro animati da una forza esterna di cui non si daranno pena alcuna. Sento invidia per questi relitti, e rabbia per la mia condizione di relitto animato e consapevole.

Voglio l'oblio e non lo raggiungo. Ho perso questa possibilità quando, al momento dello schianto ho compreso me stesso prima che potessi perdermi completamente. Ecco quindi che ora mi dibatto miserabilmente per ritrovare di nuovo tutto me stesso, ricompormi in quell'unità che pure mi ha portato alla rovina, privandomi di una rinascita. Quell'unità comunque familiare mi da, nella mia immaginazione, quel conforto che pero' non è mai esistito nella mia esistenza di uomo/onda in corsa verso la rovina.

Ecco quindi, che con un fremito di terrore mi chiedo se non sia forse un sentimento rassicurante quello di poter rifare un percorso noto, pur sapendone la fine devastante. Affogo in questo pensiero, arrestando la raccolta dei frammenti che mi appartegono, dispersi in questo oceano in cui ora vorrei diluirmi.

Saro' un relitto senza oblio, in perenne ricerca di quell'identità perduta che ha comportato la mia rovina. Perennemente agitato da flutti di cui ignoro l'origine, ma consapevole di non appartenervici.

Saro' sempre nostalgico di un ritorno a un luogo che non è mai esistito e non esisterà.

Questa consapevolezza mi spinge a distaccarmi da cio' in cui mi trovo quasi sommerso e mi comporta un sacrificio enorme.

Prima, come un onda, correvo animato e sostenuto da una brezza che ritenevo favorevole, fiducioso di compiere un destino luminoso; guardavo avanti, senza un passato. Ora, appesantito da un naufragio inatteso, sfibrato dalla mia rovina, consapevole dell'inutilità della mia corsa, rimango consapevole del solo fatto di non appartenere veramente a questo oceano come prima non ero veramente un'onda. Quindi senza riuscire piu' a sollevarmi come un'onda per correre nuovamente verso un destino falsamente luminoso, non riesco neppure a diluirmi completamente in un acqua infine non troppo nemica.

Infatti la consapevolezza sfibra ben piu' dell'oblio. I rottami che mi circondano saranno presto raggruppati in nuove onde e correranno freschi e spumeggianti verso altre mete proprio perché, inconsapevoli del loro destino e di se stessi, possono unirsi ad un gioco senza fine e senza scopo, senza offrire resistenza alcuna.

Ecco quindi che nell'animo stanco e insoddisfatto provo simpatia e non piu' disgusto per i molti che osservano immobili queste onde, consapevoli dell'epilogo che la loro corsa comporta, compiacendosi dell'inutilità di quella corsa. Sento che un ciclo si è forse concluso. Quello che un tempo mi dava sdegno, ora mi da forse pace.

L'amarezza di comprendere il mio desiderio di non voler piu gettarmi in una corsa insensata cosi' come l'onestà di riconoscere di non poter unirmi ai molti che osservano con rassegnato piacere i naufragi di esistenze spumeggianti mi spinge finalmente ad affondare senza offrire resistenza alcuna in questo oceano cui non appartengo.

Dal profondo dell'oceano aspettero' quell'unica onda che spazzerà via tutto, per rifondare un nuovo ciclo di esistenze.

Capilo III

E tutto cio' si ripete senza sosta. A volte le onde appaino voraci: si aggrediscono l'una con l'altra in un gioco mortale. Altre volte, si spengono, senza ragione alcuna, prima di consumarsi completamente, timidamente accolte in una sabbia fine: un bacio di addio, silenzioso e discreto.

Finalmente la mia attenzione si sposta su queste ultime, le piu' discrete. Proprio queste che tra uno scoppio spumeggiate e l'altro, si confondono tra onde in marcia trionfanti e relitti di onde frantumate. Non riesco davvero a comprendere se abbiano un'identità loro, o siano invece parte di flussi e riflussi, intrappolate tra un passato (i relitti) e un futuro (le fresche onde in corsa) che assorbono i relitti nel riflusso che precede lo schianto.


Eccomi concentrato su queste fugaci apparizioni che timidamente si confondono in un complesso oceano di intricati incontri e scontri.Voglio comprendere se invece di un'onda enorme che spazzi via tutto per rifondare un nuovo ciclo di esistenze, non debba aspettare un esercito di piccole onde discrete, che si affidano consapevolmente al flusso che le accompagna ad una fine di pace, in opposizione ai tumulti che le precedono e le seguono.

Monday, October 9, 2017

On the way 'home'









The word home may be not only a noun, but also an adverb and an adjective. 

Hence, at the same time, it is an object, a direction (but so significant to turn its nature of a noun into the one of an adverb) and a qualification (some places are homes). 

I find this surprising. 

However, I got lost on my way home and I liked it more than getting home. 

Hence, perhaps, home is not home, but a no-place, where I rest by now and then.