Capitolo I
Dopo
anni di grandi esplorazioni, studi appassionanti, continua ricerca in
tutte le direzioni di nozioni, sensazioni ed emozioni, eccomi infine
su un letto, come un relitto arenato sulla spiaggia, inebetito sotto
il sole di mezzogiorno.
Non
riesco a dare alcun senso alla mia esistenza. Sento che quello stesso
fervore con cui un tempo riempivo la mia vita di emozioni e nozioni
ora si affanni a svuotarmi; cosi che, alla fine, tutta la mia
esistenza potrà essere ridotta a due date e, forse, una croce in un
cimitero.
Mentre
un tempo, quando ero nel fiore dei miei vent'anni, prodigavo energie
per fare di me quel grande uomo che ritenevo di dover essere,
seguendo quasi una missione salvifica e redentrice di tutte le
mancanze che percepivo intorno a me, ora mi sento un sarcofago
abbandonato. La mia apparenza superficialmente piacevole, sicuramente
florida e probabilmente agiata - grazie alla tenacia e agli sforzi
prodigati fin dagli anni del liceo - nasconde invece una realtà fin
troppo amaramente comune e troppo spesso nascosta. Sollevato il
pesante coperchio di pietra scolpita, eccomi ridotto ad un cumulo di
polveri tenute insieme da stanche bende che trattengono la forma di
quello che un tempo fu un uomo dall'avvenire promettente. La mia
stessa identità si riduce ormai a quelle bende che, con sempre
maggiore fatica, cercano di trasmettere a me stesso e al mondo il
simulacro di quella che fu la mia immagine vivificata da quella luce
interiore ormai sepolta, dimentiata; anzi, irrimediabilmente dispersa
nelle onde di un oceano infinito in cui tutti naufraghiamo.
In
questo naufragio tutte le mie energie si sono infine smarrite,
proprio come un'onda che nella sua rapida corsa raccoglie le acque
verso sempre maggiori altezze, affrontando gli ostacoli con sempre
maggior forza, per poi, proprio all'apice della sua trionfante
crescita, perdersi, assorbita in un misterioso e anonimo silenzio.
Uno
schianto imprevedibile quello dell'onda sulla spiaggia e dal
risultato strabiliante. Eppure, l'abitudine a tanti altri schianti di
innumerevoli altre onde ci ha insensatamente abituati ad osservare
tali trionfanti marce con disulluso compatimento, in attesa proprio
di quello schianto e del silenzio che ne segue, fugace, come
l'esistenza stessa di quell'onda che non esiste piu'.
Un
tempo, con amarezza, mi ribellavo alla constatazione che per molti
questo epilogo è quasi rassicurate: questo ennesimo fallimento,
nella sua prevedibilità, conferma i molti nel loro immobilismo,
confinandoli con compiaciuta pigrizia in un'esistenza mediocremente
inanimata, o meglio, un'esistenza non pienamente umana. Nonostante
cio', purtroppo, è inevitabile anche per me riconoscere che ciascuna
onda perda la propria indentità in quello schianto e nulla resti a
testimoniarne la corsa, il percorso, ed i trionfi. Neppure il
silenzio trattiene nell'aria il suono dell'ultimo schianto per il
tempo necessario alla memoria di formarsi e resistere all'oblio,
testimoniando almeno gli ultimi drammatici istanti di quella corsa
infine rovinosa.
Ecco
infatti che un nuovo schianto sopraggiunge, di un'altra onda
destinata anch'essa alla perdizione, anch'essa naufraga in quello
stesso oceano da cui è sorta, sollecitata a raggiungere una spiaggia
che ne assorbirà tutta l'esistenza per ridurla al silenzio del non
ritorno e all'irrimediabile oblio che ne segue.
Ecco
quindi che ai miei occhi, la drammaticità di questo epilogo si
carica di un significato profondamente umano, piu' profondo
dell'esistenza stessa di coloro che, immobili, non hanno mai sfidato
l'immensità dell'oceano per scoprirne la vastità e con essa
consumarsi in un roboante spumeggiare, scoprendone con audacia la
fine inattesa eppure inevitabile.
Purtroppo,
nonostante quanto ritenuto con profonda convinzione per lungo tempo,
alla fine sono proprio io a perdermi e proprio nel momento in cui
raggiungo nel pieno della mia forza dirompente i tanti obiettivi che
mi hanno spinto ad una corsa trionfante, incitandomi a superare
ostacoli enormi con brillante facilità, ben al di là di quanto
atteso.
Anche
per me, come per le onde, il raggiungimento della meta ha comportato
lo svuotamento della mia stessa esistenza. Come l'onda assorbita
dalla sabbia sulla battigia, eccomi inebetito in questo letto che
assorbe il mio naufragio, liberandomi da me stesso.
Lo
schianto di questa illuminante consapevolezza è avvenuto con la
rapidità dell'istante e la durezza di un vento freddo e pungente,
che mi ha sfibrato al suo passaggio e per sempre. Paradossalmente,
nel momento in cui mi sono perso, ho anche realizatto tutta la mia
esistenza, raggiungendo la battigia e con essa l'oblio di me stesso
cui tutti sono predestinati.
Capitolo
II
Cosa
mi ha portato fino a questa realizzazione, all'apparenza frustrante,
ma in fondo profondamente liberatoria?
E'
effettivamente diffile raccogliere i frammenti che costituiscono il
mio essere. La realizzazione dello stesso ne ha comportato la totale
distruzione. La mia identità è ora costituita di frammenti
irrimediabilmente dispersi in un oceano che raccoglie e raggruppa
senza sosta i residui di esistenze naufragate e inconsapevoli.
Purtroppo
pero' non ho dimenticato interamente la mia corsa, inseguendo il
miraggio di un destino da compiere, che poi si è sviluppato in uno
schianto sulla spiaggia che mi ha ammutolito.
Sono
indebolito, smarrito, a pezzi: ma conservo la consapevolezza di
appartenere a me stesso. Meglio sarebbe stato un oblio totale di me
stesso, che avrebbe dovuto catturarmi con lo schianto in piena corsa
sulla spiaggia, come è avvenuto per tutti i relitti che mi
circondano inconsapevoli in questo oceano di esistenze naufragate.
Purtroppo,
fallita la mia eroica esistenza da uomo, fallisco anche quella di
relitto, non perdendo completamente la mia consapevolezza di me
stesso.
Purtroppo
l'oblio totale non sopraggiunge a cancellare integralmente le mie
ferite e i miei effimeri trionfi. Ecco anzi che mi arrabatto
disperatamente per raccogliere addirittura quanto piu' possibile di
me stesso, inseguendo tra i flutti quei frammenti che riconosco
appartenermi. Pur consapevole di non poter piu' reintegrarmi in
quella esistenza ormai distrutta e, in fondo, pesantemente odiosa,
non riesco, nella mia debolezza, a trovare un'alternativa che mi
guidi a raggiungere un altro obiettivo, cosi' da reintegrarmi in una
nuova esistenza.
Osservo
i relitti intorno a me, che si lasciano portare da forze di cui non
colgono né l'esistenza, né l'origine. Inconsapevoli fluttuano in
attesa di essere accorpati secondo disegni imperscrutabili in nuove
entità, che vivranno una vita non loro animati da una forza esterna
di cui non si daranno pena alcuna. Sento invidia per questi relitti,
e rabbia per la mia condizione di relitto animato e consapevole.
Voglio
l'oblio e non lo raggiungo. Ho perso questa possibilità quando, al
momento dello schianto ho compreso me stesso prima che potessi
perdermi completamente. Ecco quindi che ora mi dibatto miserabilmente
per ritrovare di nuovo tutto me stesso, ricompormi in quell'unità
che pure mi ha portato alla rovina, privandomi di una rinascita.
Quell'unità comunque familiare mi da, nella mia immaginazione, quel
conforto che pero' non è mai esistito nella mia esistenza di
uomo/onda in corsa verso la rovina.
Ecco
quindi, che con un fremito di terrore mi chiedo se non sia forse un
sentimento rassicurante quello di poter rifare un percorso noto, pur
sapendone la fine devastante. Affogo in questo pensiero, arrestando
la raccolta dei frammenti che mi appartegono, dispersi in questo
oceano in cui ora vorrei diluirmi.
Saro'
un relitto senza oblio, in perenne ricerca di quell'identità perduta
che ha comportato la mia rovina. Perennemente agitato da flutti di
cui ignoro l'origine, ma consapevole di non appartenervici.
Saro'
sempre nostalgico di un ritorno a un luogo che non è mai esistito e
non esisterà.
Questa
consapevolezza mi spinge a distaccarmi da cio' in cui mi trovo quasi
sommerso e mi comporta un sacrificio enorme.
Prima,
come un onda, correvo animato e sostenuto da una brezza che ritenevo
favorevole, fiducioso di compiere un destino luminoso; guardavo
avanti, senza un passato. Ora, appesantito da un naufragio inatteso,
sfibrato dalla mia rovina, consapevole dell'inutilità della mia
corsa, rimango consapevole del solo fatto di non appartenere
veramente a questo oceano come prima non ero veramente un'onda.
Quindi senza riuscire piu' a sollevarmi come un'onda per correre
nuovamente verso un destino falsamente luminoso, non riesco neppure a
diluirmi completamente in un acqua infine non troppo nemica.
Infatti
la consapevolezza sfibra ben piu' dell'oblio. I rottami che mi
circondano saranno presto raggruppati in nuove onde e correranno
freschi e spumeggianti verso altre mete proprio perché,
inconsapevoli del loro destino e di se stessi, possono unirsi ad un
gioco senza fine e senza scopo, senza offrire resistenza alcuna.
Ecco
quindi che nell'animo stanco e insoddisfatto provo simpatia e non
piu' disgusto per i molti che osservano immobili queste onde,
consapevoli dell'epilogo che la loro corsa comporta, compiacendosi
dell'inutilità di quella corsa. Sento che un ciclo si è forse
concluso. Quello che un tempo mi dava sdegno, ora mi da forse pace.
L'amarezza
di comprendere il mio desiderio di non voler piu gettarmi in una
corsa insensata cosi' come l'onestà di riconoscere di non poter
unirmi ai molti che osservano con rassegnato piacere i naufragi di
esistenze spumeggianti mi spinge finalmente ad affondare senza
offrire resistenza alcuna in questo oceano cui non appartengo.
Dal
profondo dell'oceano aspettero' quell'unica onda che spazzerà via
tutto, per rifondare un nuovo ciclo di esistenze.
Capilo
III
E
tutto cio' si ripete senza sosta. A volte le onde appaino voraci: si
aggrediscono l'una con l'altra in un gioco mortale. Altre volte, si
spengono, senza ragione alcuna, prima di consumarsi completamente,
timidamente accolte in una sabbia fine: un bacio di addio, silenzioso
e discreto.
Finalmente
la mia attenzione si sposta su queste ultime, le piu' discrete.
Proprio queste che tra uno scoppio spumeggiate e l'altro, si
confondono tra onde in marcia trionfanti e relitti di onde
frantumate. Non riesco davvero a comprendere se abbiano un'identità
loro, o siano invece parte di flussi e riflussi, intrappolate tra un
passato (i relitti) e un futuro (le fresche onde in corsa) che
assorbono i relitti nel riflusso che precede lo schianto.
Eccomi
concentrato su queste fugaci apparizioni che timidamente si
confondono in un complesso oceano di intricati incontri e
scontri.Voglio comprendere se invece di un'onda enorme che spazzi via
tutto per rifondare un nuovo ciclo di esistenze, non debba aspettare
un esercito di piccole onde discrete, che si affidano consapevolmente
al flusso che le accompagna ad una fine di pace, in opposizione ai
tumulti che le precedono e le seguono.